Teatro Regio
Proscenium arch
Parma, il Regio, Verdi: una triade di nomi (una trinità?) una successione che
ai nostri occhi, e nel nostro tempo, appare pressoché scontata. Ma così come
la musica a Parma non è nata con Verdi, neppure il Regio fu il primo dei teatri
d’opera cittadini. A Parma, nella sua plurisecolare storia musicale, teatri e
musicisti vi furono sempre: e se la figura di Verdi è indubitabilmente la più
luminosamente stagliata in questa storia, è proprio perché si fissa su di un
tessuto vivissimo, su di un fertilissimo terreno, ad attecchire prima, ed a trovare
così clamoroso riscontro poi. Di questa storia diamo, a premettere questo piccolo
ritratto del Regio, almeno gli elementi cronologicamente progressivi riguardanti una
brevissima cronologia teatrale precedente.
Tralasciando
l’antico anfiteatro romano e la cinquecentesca sala di rappresentazioni di compagnie
di comici, si può dire che la grande storia teatrale parmigiana nasce e, come
qualche volta accade, è già al suo culmine, per lo meno per quanto riguarda
lo splendore, ineguagliabile, della sede: quella che i Farnese vogliono a Parma ad
arricchire il già magnifico Palazzo della
Pilotta.
Nato, come allora non inusuale, da una
necessità decisamente occasionale (il desiderio di Ranuccio I Farnese di festeggiare
il passaggio da Parma del futuro consuocero Cosimo II de’ Medici, tappa di un suo
viaggio ex-voto verso la milanese tomba di San Carlo Borromeo che non fu poi effettuato) il
Teatro Farnese fu costruito in un arco di tempo di incredibile brevità, vista
l’imponenza del risultato, fra il 1618 ed il 1619: e fu, da subito, esemplare.
Progettato da Giovan Battista Aleotti d’Argenta il Farnese fu, prima ancora che un
gioiello architettonico e scultoreo, una grande novità proprio dal punto di vista
teatrale: in questa direzione l’Aleotti compì il suo vero capolavoro,
distaccandosi dai modelli precedenti, anche i più alti, primo fra tutti
l’Olimpico di Vicenza. A tanta novità, a tanto splendore e grandezza, non
corrispose però un adeguato uso: e forse furono proprio la grandiosità e la
regalità del luogo a toglierlo da subito ad un suo normale utilizzo teatrale. Basti
a questo proposito aggiungere che il teatro, finito nel 1619, fu teatralmente battezzato
solo nel ‘28. Opera inaugurale fu il torneo musicale Mercurio e Marte, di Claudio
Achillini, con le musiche di Claudio Monteverdi. Punto culminante, una spettacolare
naumachia durante la quale, nella platea allagata, una vera e propria battaglia si svolgeva
tra verisimili modelli di navi. E’ purtroppo facile stendere una cronologia degli
spettacoli dati al Farnese: nove in 104 anni, il primo nel 1628, come abbiamo visto,
l’ultimo nel 1732. Il costo e la complessità degli allestimenti, quasi tutti a
carattere o con inserzioni soprattutto spettacolari, ne limitarono l’uso
all’esclusivo festeggiamento di fauste ricorrenze, soprattutto nozze, dei successivi
regnanti.
Ma, abbiamo detto, musica a Parma se
n’è sempre fatta. E non è certo sui nove spettacoli dati al Farnese in
più di un secolo che potremmo fondare questa asserzione: già dalla prima
metà del ‘600, e più numerosi in seguito, altri teatri musicali
svolgevano una loro intensa attività. Il primo, cronologicamente, fu quello detto
della Racchetta, dal nome del giuoco usuale nel luogo in cui l’edificio fu eretto.
Destinato inizialmente ad un esclusivo uso di corte passò poi, dopo la costruzione
del Ducale, alla famiglia Sanvitale. Teatro non angusto (85 palchi divisi in tre ordini,
più un loggione) ospitò ogni sorta di spettacoli che, seppure in numero
progressivamente ridotto, durarono sino all’anno della sua demolizione, nel
1832.
Di poco posteriore a quello della Racchetta fu il
Teatrino di Corte fatto costruire da Ranuccio II, architetto il Lolli, nel 1689, in un
salone del ducale palazzo della Pilotta. Teatrino di Corte non soltanto per la sede e la
destinazione, ma anche per quanto riguardava la produzione: spesso tra gli attori che
agivano sul palcoscenico di quel "vaghissimo teatrino [...] ammirabile per la
qualità dell’architettura e per la vaghezza degli ornamenti" erano
infatti gli stessi prìncipi e nobili della corte. L’inizio
dell’Ottocento fu esiziale anche per quel teatro, che fu fatto distruggere da Maria
Luigia nel 1827 onde permettere l’allargamento dei locali della
pinacoteca.
Di minore importanza, per quanto riguarda
l’incidenza del loro uso, ma interessanti nel testimoniare la vitalità di
questo rapporto della città con lo spettacolo teatrale, sono i contemporanei teatri
privati, in particolare quello dei Nobili, o di Santa Caterina, ed il Bergonzi, o di San
Giovanni. Di maggiore interesse è per noi il primo, costruito assieme
all’omonimo collegio nel 1600, ed in seguito più volte rimaneggiato;
definitivamente distrutto nel 1831 fu trasferito nel nuovo Collegio Maria Luigia,
anch’esso dotato di una sala teatrale splendida, ancorché ridotta nelle
dimensioni, purtroppo oggi soltanto sporadicamente
utilizzata.
Infine, molte sale di palazzi patrizi accolsero,
e talvolta non sporadicamente, produzioni teatrali: ricordiamo almeno il Corsi, il
Malaspina Dal Monte, lo Scotti, il Grossardi.
Senza dubbio
il teatro più importante dell’epoca (e sempre di più, sino alla sua
demolizione e all’apertura del futuro Teatro Regio) fu però il Teatro Ducale.
Costruito nel 1688, regnante il duca Ranuccio II e, come quello di Corte, su progetto del
Lolli ed intieramente in legno, il Ducale fu il più frequentato e anche
l’unico ad esclusivo carattere "mercantile", cioé aperto ad ogni
fascia di pubblico, il cui unico obbligo era quello di pagare il biglietto. Proprio a causa
della grande affluenza di pubblico agli spettacoli che vi si rappresentavano fu restaurato
ed ampliato più volte, sino a giungere ad una capienza di 1.200 spettatori, con un
palcoscenico capace di ospitare gli allestimenti più impegnativi. Fu in questo
teatro che prese forma il sogno riformistico del Du Tillot, di Frugoni e Traetta, fu qui
che Parma, anche Parma, incontrò il genio rossiniano. Il Ducale morì, strano
a dirsi, di troppo successo: nato per un’altra epoca, non era più in grado di
soddisfare le nuove esigenze del secolo, lo splendente Ottocento di Bellini, Donizetti, e
poi di Verdi. Per quest’epoca serviva un nuovo teatro, e fu il Regio.